Ma queste condanne, nell'atto medesimo che l'imperatore le pronunciava, erano piuttosto oggetto di derisione che di timore; perciocchè la sua armata era talmente indebolita, che, se fosse rimasto in campagna, correva rischio d'essere oppresso dalle truppe repubblicane. Allora mandò ordine in Germania di formare un'altra armata, e spedì l'arcivescovo di Treveri suo fratello per condurgliela sollecitamente289. Finchè gli giugnesse questo tanto necessario rinforzo, non avendo con lui che un migliajo d'uomini d'armi, passò l'estate sotto la protezione della repubblica di Pisa, facendo guerra ai Lucchesi per conto di questa città290 e rendendosi degno fra le angustie che lo circondavano, dell'elogio che fa di lui il Villani. Giammai l'avversità turbò questo principe, nè la prosperità lo fece presontuoso, o troppo lieto.
In tempo di questo forzato riposo Enrico contrasse stretta alleanza con Federico re di Sicilia, convenendo tra di loro di attaccare di concerto Roberto re di Napoli, quale capo del partito guelfo e, più d'ogni altro, loro pericoloso nemico. Federico di Sicilia, armate cinquanta galere, sbarcò mille cavalieri, in Calabria, impadronendosi di Reggio e di poche altre città. Dietro inchiesta dell'Imperatore le repubbliche di Pisa e di Genova allestirono una flotta di settanta galere sotto il comando di Lamba Doria, e la spedirono sulle coste del regno di Napoli. I Pisani che si spogliavano per dare truppe di terra ad Enrico, equipaggiarono meno vascelli dei Genovesi291. Dall'altro canto incominciavano ad arrivare all'imperatore potenti rinforzi dall'Allemagna e dall'Italia; onde il 5 agosto del 1313 si trovò in istato di lasciar Pisa per andare contro Napoli con due mila cinquecento cavalieri d'oltremonte, mille cinquecento Italiani, ed un proporzionato numero di pedoni.
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