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      Ma in mezzo alla sua pompa militare, quando niuna armata credevasi bastante a fermarlo, aveva già cessato di essere formidabile: egli con lui portava i principj d'una malattia mortale contratti nel cattivo aere di Roma, o forse più anticamente in tempo de' patimenti sofferti nell'assedio di Brescia. La disposizione del suo sangue erasi già manifestata con un carbonchio sotto al ginocchio, ma perchè continuava a mostrarsi egualmente attivo, niuno s'avvedeva del suo pericolo. Un bagno intempestivamente preso fece scoppiare la malattia, che lo costrinse a fermarsi a Bonconvento, dodici miglia al di là di Siena, ove il giorno 24 agosto del 1313 morì in mezzo alla sua armata in un modo tanto inaspettato, che molti lo credettero avvelenato, essendosi perfino sparsa voce che un frate domenicano, nel comunicarlo, aveva posto del napello nell'ostia o nel vino consacrato293.
      Un così inaspettato avvenimento che affatto cambiava la presente condizione d'Italia, eccitò i più vivi trasporti di gioja ne' Guelfi, di dolore ne' Ghibellini. I Pisani s'abbandonarono più degli altri alla disperazione. Avevano consumata per questo monarca la prodigiosa somma di due milioni di fiorini, ed invece d'aver nulla acquistato colla sua assistenza, dopo essersi impoveriti di gente e di danaro, si vedevano abbandonati a se medesimi per difendersi contro tanti nemici provocati per piacere all'imperatore. Da prima tentarono di ritenere l'armata sotto i loro ordini, offrendo ai soldati lo stipendio pagato da Enrico; ma i Tedeschi, perduto il loro imperatore, più non pensavano che a ripatriare, e molti di loro vendettero ai Fiorentini ed ai Guelfi le fortezze di cui erano momentaneamente in possesso.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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