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      Il doge, spogliato di quasi tutte le prerogative, omai d'altro non si curava che di piacere al maggior consiglio, di cui era la creatura e l'istrumento; ma rammentando i plebei, che negli andati tempi il doge era il loro magistrato, desideravano d'innalzare a questa dignità qualche individuo, che, per ricompensarli della loro confidenza, li riponesse in possesso delle prerogative spettanti ai cittadini sovrani d'uno stato libero.
      Queste disposizioni si manifestarono del 1289 in occasione della morte del doge Giovanni Dandolo. Mentre i quarantuno elettori, designati dalla mescolanza della sorte coi suffragi del maggiore consiglio, deliberavano intorno alla scelta del suo successore, il popolo si adunò sulla piazza di san Marco e proclamò doge Giacomo Tiepolo, figliuolo di Lorenzo, che aveva occupata la stessa carica dal 1272 al 1282. Tiepolo erasi acquistato il favor popolare colle sue private virtù e colla dolcezza del suo carattere, ma non era altrimenti fatto per essere capo di partito: niuna parte aveva egli presa ad un movimento popolare che lo voleva innalzare alla prima dignità della sua patria; anzi egli stesso, dietro gli ordini del maggior consiglio, aveva cercato di dissiparlo; e, quando vide che non poteva in verun altro modo rifiutarsi alla confidenza de' suoi concittadini, fuggì segretamente a Treviso, ove rimase finchè colle consuete forme fu eletto il nuovo capo della repubblica296.
      Gli elettori si tennero dieci giorni chiusi in san Marco, non osando di dare al popolo un doge diverso da quello nominato da lui.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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