Finalmente quando il fermento popolare parve calmato, elessero Pietro Gradenigo, in allora podestà di capo d'Istria. Ma questa scelta accrebbe a dismisura il malcontento de' plebei, perchè il Gradenigo, uomo vendicativo e caparbio, aveva in ogni tempo manifestato il suo zelo per il sistema e per la parte aristocratica. Tiepolo tornò prima di lui a Venezia per calmare colla sua dolcezza il fermento del popolo; e Gradenigo fece il suo ingresso in città con dieci galere armate ch'erano andate in Istria a prenderlo.
Il nuovo doge si trovò ben tosto impegnato in una pericolosa guerra coi Genovesi, guerra che dal 1293 al 1299 minacciò perfino l'esistenza della repubblica. Di questa guerra, siccome della rotta de' Veneziani a Corsola, in conseguenza della quale le due nazioni fecero la pace, abbiamo di già parlato nel capitolo XXVI. Pare che il popolo, distratto da così grave motivo, andasse dimenticando il suo malcontento, e chiudesse gli occhi sui progressi dell'aristocrazia: ma non fece però perdere di vista a Gradenigo l'esecuzione del suo progetto per abbassare i plebei, e vendicarsi dell'odio di una parte de' suoi compatriotti.
L'annuale elezione del maggior consiglio era la sola parte della costituzione che ancora conservasse qualche cosa di popolare. Il modo di eleggere aveva negli ultimi anni sofferto qualche cambiamento che difficilmente potrebbe comprendersi senz'essere iniziati nell'interna polizia e nelle formalità della repubblica: tale cambiamento non aveva, gli è vero, ratificato il diritto ereditario della nobiltà, ma non aveva nè meno limitata l'onnipotenza del maggior consiglio, che in fondo si rinnovava sempre in se medesimo.
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