I capi della repubblica di Pisa, e più di tutti Banduccio Buonconti, il più riputato cittadino, non lasciavansi sedurre da questi primi avvenimenti e si vedevano esposti quasi soli alla collera di Roberto, che a quest'epoca trovandosi ancora occupato di più importanti progetti, non tarderebbe, quando fosse tempo, a rovesciare sopra di loro tutte le sue forze. Roberto, in virtù d'una bolla del 14 marzo 1314, fu dal papa nominato vicario imperiale di tutta l'Italia durante la vacanza dell'impero; in pari tempo venne eletto senatore di Roma; mentre per diritto ereditario era sovrano di Napoli e della contea di Provenza; finalmente era stato riconosciuto signore della Romagna e delle città di Fiorenza Lucca, Ferrara, Pavia, Alessandria e Bergamo, aggiungendovi parecchi feudi in Piemonte. Così potente sovrano era per la repubblica pisana un troppo formidabile nemico, e perciò i consoli di mare e gli anziani si affrettarono, dietro gl'inviti fatti da Roberto, di mandare a Napoli un ambasciatore, ed approfittando della circostanza in cui il re preparavasi a portare la guerra in Sicilia, fecero con esso lui un trattato di pace e d'alleanza alle seguenti condizioni: che i Pisani non ajuterebbero in verun modo i nemici del re e nominatamente Federico d'Arragona; che darebbero a Roberto per tre mesi cinque galere e gli pagherebbero cinquemila fiorini al mese per la spedizione di Sicilia. Per rendere questa pace comune ai Lucchesi ad ai Fiorentini accordavano a questi una franchigia dalle gabelle nel loro porto, e restituivano agli altri i castelli loro occupati.
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