Roberto, siccome tutti gli altri principi francesi che guerreggiarono in Italia dopo Carlo d'Angiò, non ebbe talenti di lunga mano corrispondenti alla sua ambizione o alla sua profonda politica. Roberto aveva avute molte rotte anche nella guerra da lui trattata contro Federico di Sicilia, e perciò, intimamente persuaso della sua incapacità militare, preferiva, per ingrandirsi, le vie delle negoziazioni.
Un vasto piano era legato alla pace ch'egli aveva fatta segnare alla Toscana. Le circostanze più favorevoli alla sua ambizione ponevano tutta l'Italia nelle sue mani. In Germania due principali emuli, Luigi di Baviera e Federico d'Austria, ambedue coronati nel 1314 come re de' Romani, l'uno ad Aquisgrana, l'altro a Bonna, distrussero l'autorità dell'impero volendosene impadronire colle armi. Nella corte d'Avignone dopo l'interregno di due anni era succeduto a Clemente V, morto del 1314, un nuovo pontefice chiamato Giovanni XXII, affatto ligio a Roberto: per ultimo questo principe approfittava delle lunghe dissensioni della Lombardia e della Liguria per cercare di stabilire la sua autorità in queste due province, e la repubblica di Genova era la prima conquista che egli disegnava di aggiugnere a' suoi stati. Ma il nuovo interregno dell'impero, il pontificato di Giovanni XXII e le rivoluzioni che l'ambizione di Roberto di Napoli causarono all'Italia, appartengono ad una nuova epoca di questa storia; che serbiamo per l'altro immediato volume. D'altra parte la caduta dell'ultima repubblica di Lombardia, dell'ultima fra le città dell'Italia settentrionale che conservò la libertà democratica, la caduta di Padova, appartiene all'epoca contemplata dal presente capitolo.
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