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      Non pertanto in seno a tanta prosperità l'interna pace della repubblica era doppiamente minacciata. I Vicentini, vergognandosi di vedersi soggetti ad una città lungo tempo rivale, odiavano assai più il governo di Padova, che il despotismo, e piuttosto che rimanere sotto lo stesso giogo, erano disposti a porsi tra le braccia del primo tiranno della Lombardia che fosse abbastanza potente per umiliare i Padovani. D'altra parte la gelosia della nobiltà e del popolo erasi, come nelle altre città italiane, manifestata anche in Padova, e più volte il governo era venuto in mano degli artigiani, diretti dai tribuni del popolo detti Gastaldoni: allora lo stato perdeva in faccia agli stranieri la sua forza e la considerazione di cui godeva; ed i Padovani nel complesso della loro condotta meritavano spesso tutti i rimproveri che sono stati fatti alle assolute democrazie. Lo stesso senato era democratico, venendo composto di mille cittadini che si rinnovavano ogni anno322; ed il popolo, sempre diretto dalla passione di dominare, non agiva a seconda delle regole della più comune prudenza. Una violenta gelosia gli faceva escludere dal governo que' nobili, che colle loro ricchezze, i talenti, il coraggio e lo splendore del loro nome, avrebbero dato più di risalto all'amministrazione: una prevenzione non meno imprudente faceva loro incautamente confidare la più pericolosa autorità ad una sola di queste nobili famiglie, a quella che più d'ogn'altra avrebbe potuto meritare la sua gelosia, e che pure era la sola che n'andasse esente, la famiglia dei Carrara.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo IV
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 288

   





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