A non molta distanza toccò la medesima sorte a Giacomo di Carrara. Tutto il rimanente dell'armata più non pensò a difendersi, ed era così grande il terrore de' Padovani, che Cane trovossi, inseguendoli, con soli quaranta cavalieri, preso in mezzo da cinquecento cavalli fuggitivi ch'egli si era lasciati addietro. Questi ultimi sembravano agli occhi de' primi fuggitivi far parte dell'armata di Cane, ed accrescevano il terrore; essi medesimi conoscevansi posti tra due corpi nemici, e non osavano di far fronte. In questa disfatta Vanne Scornazano, che l'aveva procurata, Giacomo e Marsiglio di Carrara ed altri venticinque cavalieri con circa settecento plebei furono fatti prigionieri. Il numero de' morti indica il cominciamento di quelle guerre incruenti che avvilirono il coraggio delle truppe italiane: non si trovarono sul campo di battaglia che sei gentiluomini e trenta plebei335.
Dopo tale disfatta i Padovani cercarono di fortificarsi, chiamando in loro soccorso gli alleati di Treviso, Bologna e Ferrara. Dal canto suo Cane della Scala fece domandare rinforzi al capo del partito ghibellino, ai Buonacorsi di Mantova, al duca di Carinzia ed a Guglielmo da Castrobarco, coi quali credeva di potersi rendere padrone di Padova. L'eccessive piogge, che inondarono tutta la campagna, ritardarono dieci giorni tutte le operazioni militari. Frattanto Cane della Scala riceveva alla sua corte i suoi più distinti prigionieri, Giacomo di Carrara, Vanne Scornazano ed Albertino Mussato. L'ultimo era nato nella più bassa classe del popolo, da cui l'avevano innalzato i suoi talenti e la sua erudizione; ed era risguardato come uno de' più letterati uomini del suo secolo.
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