Poichè molti senatori ebbero parlato delle tristi circostanze in cui trovavasi lo stato, Rolando di Placiola giureperito si levò: «Qual bisogno di più lungo discorso, diss'egli, o cittadini! il rimedio per noi salutare e per la nostra patria è bastantemente conosciuto. L'abuso de' plebisciti l'abbiamo provato, egli ci conduce a certa ruina; proviamo una volta se le leggi di un solo uomo ci possono procurare miglior sorte. Ogni cosa sulla terra è sottomessa ad una sola volontà; le membra ubbidiscono alla testa; le mandre riconoscono un capo. Se tutto il mondo dipendesse da un re giusto si vedrebbero cessare le carnificine, la guerra, la rapina e tutte le vergognose azioni. Siamo docili alle voci della natura, seguiamo l'esempio che ci dà; facciamo tra noi scelta del nostro principe. Egli solo si prenda cura del governo, moderi la repubblica colla sua volontà, stabilisca le leggi, rinnovi gli editti, abolisca quelli che più non si osservano; egli sia, in una parola, il signore, il protettore di tutto quanto ci appartiene340.» Con questi luoghi comuni un partigiano del despotismo determinò il popolo, stanco di tante agitazioni, a privarsi della propria esistenza. Il suicidio politico si compì; niuno rispose al discorso del Placiola, e Giacomo da Carrara fu universalmente indicato come il solo capace di comandare alla nazione. Non si contarono i suffragi, secondo l'antica costumanza, con palle segrete; ma con una acclamazione, che parve universale, Giacomo da Carrara fu proclamato principe di Padova.
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