Era Roberto nello stesso tempo sovrano della Provenza, onde tenevasi i papi affatto soggetti, ed aveva un illimitato credito alla corte di Francia. Teneva uniti questi stati l'interesse del partito guelfo, del quale Roberto prendevasi più cura che di tutt'altro affare; e preparavasi ad approfittare dell'interregno dell'impero e delle guerre civili di Germania per ischiacciare affatto il partito ghibellino in Italia.
Ma questo partito era diretto da capi valorosi ed illuminati, da capi intrepidi e pieni di zelo, che potevano lungamente resistere ai loro nemici; da capi strettamente uniti dal timore d'imminente ruina, e che l'implacabile odio della parte guelfa teneva fermi ne' loro principj. Questi capi di parte avevano ottenuta la sovranità della loro patria. Contavansi tra i principali Matteo Visconti signore di Milano e di parte della Lombardia, Cane della Scala signore di Verona e di parte della Venezia, Passerino Bonacossi signore di Mantova, Castruccio Castracani signore di Lucca e capo in Toscana del partito cui aveva formato Uguccione della Fagiuola, e per ultimo Federico di Montefeltro, signore d'Urbino, capitano dei Ghibellini della Marca d'Ancona e del ducato di Spoleto. Altri meno potenti e meno rinomati gentiluomini comandavano in città di minore importanza, in castelli ed in villaggi fortificati, che tenevano soggetti alla lega ghibellina.
Come capo di tutti i Ghibellini d'Italia veniva risguardato, non meno per la sua avanzata età, che per i suoi maturi consigli e per la superiorità delle sue forze, Matteo Visconti.
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