Tutt'ad un tratto sorpreso da un rimorso, si vide con estremo turbamento sull'orlo del sepolcro involto in una sentenza che condannava la sua anima agli eterni tormenti; dimenticando l'esperienza che aveva fatto della politica affatto mondana del papa, e le regole dietro le quali erasi egli stesso condotto, ad altro più non pensò che ad involarsi all'inferno che sembravagli aprirsi sotto i suoi passi. Tra i Milanesi più ben affetti alla chiesa scelse dodici ambasciatori che mandò al legato, per chiedere di trattare con lui, e per sapere a quali condizioni potrebbe ottenere l'assoluzione de' suoi peccati, e far levare l'interdetto dagli stati da lui governati. Il cardinale Bertrando, cui le sofferte sconfitte non avevano niente tolto della sua arroganza, domandò che i Visconti richiamassero a Milano tutti gli esiliati, loro restituendo i proprj beni, e rinunciassero alla sovrana autorità. Matteo esaminò queste proposizioni, che avrebbero interamente minata la sua famiglia, le comunicò al consiglio della città, e da tale istante mancò l'incantesimo con cui aveva governato lo stato; sentì ognuno che le lunghe guerre in cui vedevasi impegnato, che i pericoli cui esponeva la sua anima e tutti i suoi beni temporali, non avevano altro oggetto che la difesa di una famiglia ambiziosa ch'erasi usurpata l'autorità sovrana nella repubblica. Un vivo desiderio della pace s'impadronì degli spiriti: ma Galeazzo, il figliuolo primogenito di Matteo, che, avendo avuto sentore di tale trattato, era sollecitamente ritornato da Piacenza, si oppose con tanta forza alle ruinose concessioni cui rassegnavasi il padre, che, non potendo Matteo fare scelta tra gl'interessi di sua famiglia e quelli del cielo, rinunciò la sovranità in mano del figliuolo, ad altro più non pensando che a rendere la pace alla sua coscienza; e fu veduto ne' pochi giorni che sopravvisse frequentare soltanto le chiese, e tra le pratiche divote ripetere il simbolo della fede, e chiamare i fedeli in testimonio della sua ortodossia.
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