Essendo stato a visitare la chiesa di Monza, cui aveva reso il suo tesoro lungo tempo impegnato, cadde infermo, e morì fuori di Milano (in Crescenzago) il 22 giugno del 1322; ma non si propalò nè la morte, nè il luogo in cui fu sepolto, perchè non fossero sparse al vento le sue ceneri, come avealo ordinato il papa50.
Galeazzo si adoperava per farsi molti partigiani nella città e nell'armata finchè non si conosceva la morte del padre; e quando non potè più celarla, trovossi abbastanza forte per prendere egli stesso il titolo di capitano generale; ed il suo credito venne subito assodato dalla vittoria che Marco Visconti, suo fratello, riportò il 6 di luglio al ponte di Basignano sopra Raimondo di Cardone e le truppe della chiesa51.
Ma gli spiriti ardenti ed inquieti che Matteo Visconti aveva calmati colla sua destrezza, o compressi coll'autorità, si abbandonarono a tutta la violenza delle loro passioni. Eravi in Piacenza un gentiluomo ghibellino detto Vergusio Landi, cui Galeazzo Visconti, avendone sedotta la consorte, esiliò per non trovarsi esposto alla sua vendetta. Landi rifugiatosi presso i Guelfi, erasi guadagnata la loro confidenza: ed avendoli impegnati ad ajutarlo nella sua vendetta, con quattrocento cavalli che gli affidò il legato, trovò modo d'introdursi in Piacenza il giorno 9 di ottobre, di far ribellare la città e di riconciliarla colla chiesa e colla parte guelfa52. Nello stesso tempo i negoziatori, che Matteo Visconti aveva spediti al legato, e che dopo la di lui morte vedevano perduta ogni speranza di pace, andavano esacerbando il popolo contro una famiglia che dicevano ambiziosa ed empia, la quale per conservare la sua tirannide sopra una città libera esponeva ogni giorno la vita dei cittadini al ferro de' nemici, l'onore delle loro mogli e de' loro figli alla brutalità de' soldati, i loro beni al saccheggio, le anime loro ai tormenti dell'inferno.
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