Intanto il monarca passò a Norimberga, ove alla presenza di notaj e di testimonj confutò ogni imputazione fattagli dalla corte pontificia. Dichiarò che dopo essere stato nominato re de' Romani dagli elettori con grande maggiorità di suffragi, dopo avere ricevuta la corona imperiale ad Aquisgrana, egli trovavasi in possesso di tutte le prerogative imperiali in conformità al diritto costantemente riconosciuto in ogni tempo, e senza che vi fosse bisogno dell'approvazione della santa sede. Soggiunse di non saper capire come presentemente s'intentasse contro di lui un'azione per avere assunto il titolo di re dei Romani mentre che già da dieciotto anni, epoca della sua elezione, aveva sempre, anche nelle lettere dirette alla santa sede, fatto uso di questo titolo, senza che alcuno lo trovasse incompetente. Protestava che, se aveva preso a difendere Galeazzo Visconti, non era già per proteggere un eretico, ma perchè il Milanese dipendeva immediatamente dall'Impero; e perciò a questa provincia aveva mandato soccorsi, in conformità degli obblighi che gl'imponeva la sua dignità, quando il suo territorio fu invaso a mano armata. Per ultimo ritorse contro lo stesso papa la colpa di proteggere gli eretici, perchè Giovanni XXII non aveva voluto esaminare l'accusa portata al suo tribunale contro i frati Minori d'avere rivelato il segreto della confessione. Per tutte queste cause Luigi appellò della sentenza del papa al giudizio di un prossimo consiglio, di cui chiese l'adunanza, ed al quale promise di personalmente intervenire69.
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