Intanto Castruccio veniva soccorso dai Ghibellini di Milano, di Piacenza, di Parma, di Pisa e d'Arezzo; e formava un'armata di mille seicento cavalli che univa alla sua infanteria. Ben tosto obbligò il capitano fiorentino a levare l'assedio di Montevetturini, saccheggiò venti giorni l'aperta campagna di Val d'Arno, di cui aveva libero l'ingresso; indi tornò in Lunigiana a riconquistare le castella che gli aveva tolto il marchese Spinetta76.
Quando Castruccio ebbe, col soccorso degli alleati ghibellini, riportati questi vantaggi, si mostrò disposto ad abusarne, rendendosi ingrato ai Pisani, cui andava in parte debitore de' suoi successi. Il conte Renieri, o Nieri della Gherardesca, che i Pisani avevano fatto capitano delle loro milizie dopo la morte di suo nipote, aveva abbandonato il partito democratico, al di cui favore la sua famiglia andava debitrice d'ogni suo innalzamento, e si era unito ai nobili, perpetui nemici de' suoi antenati77. L'odio delle due fazioni plebea e patrizia, che da sì lungo tempo teneva divisa la repubblica, era cresciuto a dismisura, ed un nuovo demagogo, Coscetto del Colle, subentrando al Gherardesca, erasi fatto capo de' plebei. Finalmente il furore del popolo, lungo tempo compresso, scoppiò in maggio del 1322, ed i due partiti si batterono due giorni con estremo accanimento. Coscetto del Colle, fatto prigioniere, fu dal conte condannato a morte mentre quindici capi delle tre grandi famiglie Gualandi, Sismondi e Lanfranchi furono dal popolo esiliati, e spianate le loro case.
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