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      A tale chiamata si chiusero le botteghe, e tutti i Fiorentini presero le armi; onde lasciata una numerosa guardia alle porte e sulle mura, mille cinquecento cavalli con venti mila fanti si recarono il 2 luglio a Prato. Credevasi che l'armata di Castruccio fosse più forte assai che non era; e nel primo istante di trepidazione i priori avevano fatto proclamare che sarebbe fatta grazia a tutti i banditi che si recassero all'armata di Prato. E tale era stata la violenza delle proscrizioni, che quattro mila Bianchi o Ghibellini esiliati, assai più de' pacifici cittadini accostumati alle armi, si unirono all'armata. Castruccio non aspettò fino all'indomani a ritirarsi innanzi a forze tanto superiori, e si ridusse nella stessa notte a Serravalle.
      Quando i Fiorentini s'accorsero la mattina del susseguente giorno che Castruccio era partito, tutto il loro campo fu in preda ad un tumultuario movimento. I borghesi che la vigilia avevano abbandonate le loro officine, più non respiravano che sentimenti di gloria militare e vendetta contro Castruccio. «Il nemico, dicevano essi, fugge innanzi a noi, non ha osato di aspettare l'insegna trionfante del giglio; ma oggi s'appartiene a noi l'inseguirlo: noi dobbiamo distruggere le messi del nemico, togliergli i bestiami, e punirlo dell'insolenza con cui insultò tante volte il nostro territorio. Venti mila soldati uscirono jeri di Firenze, e non devono rientrare senza aver prima ottenuta una compiuta vittoria.» Ma i nobili che componevano la cavalleria di quest'armata, rispondevano con amara ironia, che i cittadini non erano tutto ad un tratto divenuti soldati per essersi vestiti delle loro armi; che avevano di già ottenuto il maggiore successo, cui potessero aspirare; che avevano spaventato il nemico col loro numero, prima che avesse conosciuto per prova quanto avesse avuto torto di esserne spaventato; che entrati una volta nel paese nemico, la fame e la sete non meno che la spada farebbero loro desiderare la tranquillità delle loro officine che avevano poc'anzi abbandonate.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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