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      Potevano i nobili temere a ragione l'esito di una campagna che volevasi intraprendere senza truppe di linea con un'armata senza disciplina; ma si abbandonarono a quell'impazienza che in loro eccitavano le millanterie de' borghesi: quindi i motteggi con cui rispondevano all'entusiasmo del popolo, destavano la collera de' più pacifici cittadini. Altri motivi di disputa avevano risvegliata la sopita animosità dei due ordini. Col finire del 1321 era spirata l'autorità data sopra la repubblica al re Roberto, ed a tale epoca erasi rinnovata l'ordinanza di giustizia contro i nobili, che li rendeva garanti dei delitti gli uni degli altri, e si lagnavano che mentre erano nelle armate i soli difensori dello stato, fossero i soli privati della protezione delle leggi. Non potendo il consiglio di guerra deliberare, risolse, per sedare la discordia che agitava l'armata, di chiedere a Firenze nuove istruzioni. Ma i sentimenti della signoria e dei consigli si divisero come nel campo. Tutti i nobili volevano che si differisse la pugna, i borghesi che si marciasse verso il nemico, e perchè le discussioni si protrassero fino a notte, il popolaccio attruppato nelle strade fissò le irresoluzioni dei consigli, chiedendo, con forsennate grida, la battaglia; onde fu mandato ordine al conte Novello di condurre l'armata contro Lucca. Questo generale tardò alcuni giorni a porsi in cammino; e perchè i gentiluomini facevano sempre nascere qualche nuovo ostacolo alla marcia, non si avanzò al di là di Fucecchio.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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