L'imperatore eletto apparecchiandosi ad attaccare il papa, il suo più implacabile nemico, lo aveva già indicato nell'assemblea di Trento come prete sacrilego ed eretico, usurpatore del supremo pontificato, che i Cristiani dovevano rifiutare. Un partito numeroso erasi nella chiesa rivoltato contro Giovanni XXII, nè l'accusa d'eresia era nuova. Questo papa, ambizioso e cupido troppo più che non si conveniva a principe cristiano, aveva non pertanto molto zelo per la fede; ma egli credeva di esserne l'oracolo, e le opinioni da lui adottate erano spesse volte in aperta opposizione con quelle de' suoi dottori. Così trovavasi in allora impegnato in una disputa coi Francescani, o frati Minori, intorno alla povertà di Gesù Cristo. Questi monaci, che in forza dei loro voti abiuravano ogni proprietà, pretendevano che gli alimenti che mangiavano, non fossero una loro proprietà, nè pure nell'istante in cui li mangiavano, e che Gesù Cristo aveva loro dato l'esempio di questa suprema povertà. Per lo contrario il papa sosteneva che Gesù Cristo aveva avute alcune proprietà sia personali, sia comuni coi suoi Apostoli, e che i Francescani non potevano schivare che le cose appropriate al loro uso non fossero altresì loro proprietà. I Domenicani erano per l'opinione del papa, ma molti fedeli inclinavano a credere che negando a Cristo una suprema povertà si attentasse alla sua gloria; onde i Francescani, ostinandosi nella propria credenza, avevano condannato il papa come eretico e scomunicato. Giovanni XXII, che attaccava una crudele importanza a questa disputa di parole, fece bruciare i più ostinati tra questi frati e spogliò l'ordine di tutti i suoi beni per ridurlo a quella evangelica povertà, di cui tanto si gloriava149.
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