Castruccio, che non aveva rinunciato al progetto d'assoggettarsi Pisa, consigliò l'imperatore a non accogliere i deputati di quella repubblica, rifiutando il loro danaro e le loro offerte: e mentre i deputati tornavano a Pisa, li fece arrestare al passaggio del Serchio, protestando che li tratterebbe come ostaggi e li farebbe morire, se la patria loro non apriva le porte al re de' Romani159. Il vescovo d'Arezzo che aveva impegnata la sua fede per la loro sicurezza, chiese a Luigi che fossero posti in libertà. Con siffatta violazione del diritto delle genti, diceva egli, veniva compromessa la sua parola, sagrificato l'onore del monarca, e tutti gli antichi Ghibellini, spaventati da questa mancanza di fede, abbandonerebbero la causa del capo dell'Impero, invece di esporsi per la medesima. Tali dovevano essere per Luigi IV le conseguenze de' consigli di Castruccio, cui ciecamente si abbandonava. Il capo dell'Impero, soggiugneva il vescovo d'Arezzo, avrebbe dovuto ricordarsi che la sua politica niente aver doveva di comune con quella d'un usurpatore, che tutto sagrificava all'interesse personale ed al bisogno presente, d'un tiranno pel quale il ben pubblico, l'onore, la probità, la riconoscenza e la speranza non erano che nomi vuoti di senso. Castruccio irritato rispose con violenza che non s'aspettava ad un vile il dirigere i guerrieri, nè ad un traditore il predicare la virtù: che il vescovo d'Arezzo colle sue pratiche coi Fiorentini era bastantemente convinto di mala fede o di piccolo cuore, e che s'egli avesse voluto attaccare Fiorenza dalla banda delle montagne, mentre Castruccio la stringeva dalla parte del piano, il partito guelfo sarebbe in Toscana affatto spento.
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