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      Ma l'armata di Sangineto, quasi tutta composta di Borgognoni, aveva crudelmente abusato della sua vittoria, saccheggiando dieci giorni continui la città senza risparmiare piuttosto i Guelfi che i Ghibellini: ed aveva tanto ben consumate tutte le sue munizioni ed i suoi magazzini, che si era spogliata di tutti i mezzi di difesa ove fosse stata attaccata dai nemici172.
      Non ebbe appena ricevuto l'avviso della perdita di Pistoja, che Castruccio partì alla volta della Toscana con mille cavalli e mille arcieri che aveva condotti a Roma per onorare l'imperatore. Giunto a Pisa, si appropriò il prodotto delle gabelle, ed impose nuove contribuzioni173. Aveva Luigi data all'imperatrice la sovranità di Pisa; ma quando un suo luogotenente si presentò per prendere possesso della signoria, Castruccio lo costrinse a ritirarsi, e corse la città alla testa della sua cavalleria, per sottometterla alla sua autorità174. Frattanto disponevasi ad assediare Pistoja; ed il 13 maggio mandò mille cavalli ed un grosso corpo d'infanteria con ordine di occupare le comunicazioni della piazza, ed in seguito fece avanzare la milizia di Pisa, indi passò egli stesso al campo col rimanente delle sue forze.
      I Fiorentini irritati dalle vessazioni di Filippo da Sangineto, dal saccheggio di Pistoja, e dal vedere che la sovranità di quella terra veniva riservata al duca di Calabria, avevano rifiutato di approvisionarla a loro spese. Pure quando videro Castruccio disposto ad intraprenderne l'assedio, pentiti della loro ostinazione, adunarono una forte armata per vittovagliare Pistoja, difesa da trecento cavalieri e da mille fanti al loro soldo, sussidiati dai Guelfi della città175. Il 13 luglio l'armata Fiorentina composta di due mila seicento cavalli, e secondo alcuni di circa trenta mila pedoni176, s'avvicinò alla città assediata, mandando a sfidare Castruccio a battaglia.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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