Trovavasi capo di questo partito Benedetto Maccaroni289, il quale entrò ben tosto nelle viste di Mastino della Scala, accettando con riconoscenza i soccorsi offertigli da questo signore per restituire ai nobili ed ai Ghibellini l'antico potere.
Da una disputa che scoppiò nel consiglio, in cui dovevasi eleggere un cancelliere, Maccaroni prese motivo di chiamare il suo partito alle armi. Aveva desiderato che un accidentale avvenimento preparasse gli spiriti de' suoi partigiani senza dover loro confidare una trama, e col pronto soccorso promessogli da Mastino tenevasi sicuro della vittoria. Ma in questo inaspettato movimento, il conte Fazio prevenne i gentiluomini; egli occupò prima di loro la piazza del palazzo pubblico, e tese le catene che ne chiudevano le uscite per difenderla, mentre i gentiluomini aprivano le prigioni e bruciavano i libri de' crediti dello stato per guadagnarsi il favore della plebe. I due partiti vennero in seguito alle mani sulla piazza di san Sisto, ove i nobili ebbero la peggio: onde ritiraronsi lentamente verso la porta del lido che Maccaroni sperava di poter difendere finchè giungessero le truppe di Mastino. Diede avviso ai suoi compagni dell'imminente arrivo di questo ajuto onde rianimarli; ma essendosi passata la notizia anche all'opposto partito, molti cittadini che non avevano voluto prendere parte al primo combattimento, presero le armi per impedire che la loro patria non venisse in mano di Mastino della Scala, ed unitisi a Fazio, attaccarono i gentiluomini con tanto vigore che li cacciarono subito di città. I Gualandi, Sismondi, Lanfranchi, e quasi tutte le famiglie dell'alta nobiltà furono esiliate290.
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