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      Nel tempo che i Fiorentini mantenevano un'armata nella Marca Trivigiana, e combattevano in Toscana contro i Lucchesi, e contro Pietro Saccone e gli Aretini, non ignoravano che dovevano stare in guardia contro le trame dei Ghibellini, che nelle città della provincia ed anche entro Firenze mantenevano segrete intelligenze, oltre che venivano caldamente eccitati dalle promesse di Saccone e dagli artificj di Mastino. In così pericolose circostanze sapevano che i Romani avrebbero creato un dittatore; onde, seguendo l'esempio loro, credettero di dovere innalzare un magistrato al di sopra delle leggi, affinchè il grandissimo potere che gli confidavano, tenesse in dovere i segreti nemici della repubblica, e la rapidità de' giudizj li colpisse a tempo ne' loro complotti. Ma presso i Romani, popolo affatto militare, il dittatore diventava il generale dell'armata. I Fiorentini non avevano trovato tra i loro concittadini un generale abbastanza sperimentato da mettersi alla testa di tutto lo stato: accostumati a confidare agli stranieri il potere dell'armi, avrebbero temuto assai più di riunire in mani sconosciute la potenza civile e militare; e se giammai si fossero in tal maniera dato un padrone, difficilmente avrebbero poi potuto scuoterne il giogo. Immaginarono quindi di non rivestire il loro nuovo magistrato che dell'autorità di supremo giudice, e lo nominarono conservatore, dandogli una guardia di cinquanta cavalieri e di cento fanti, autorizzandolo a giudicare compendiosamente ed a far eseguire all'istante le sentenze.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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