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      Uno straniero, Giacomo Gabriello d'Agobbio, fu chiamato il primo ad occupare questa carica. Il popolo doveva tremare innanzi a questo magistrato, ma la signoria tenutasi superiore alla sua giurisdizione poteva sopravvegliarlo ed imporre limiti al suo potere. Frattanto il Gabrielli, abbandonandosi senza ritegno al suo carattere sospettoso e crudele, fece spargere dai suoi carnefici molto sangue. Quando uscì di carica, il popolo, sdegnato contro di lui, promulgò una legge che proibiva di nominare in avvenire giudici di Agobbio o del suo territorio304. Dopo di lui un altro conservatore, Accorimbeno di Tolentino, fece succedere la giustizia venale alla crudeltà; ed i Fiorentini, abolendo tale carica, si convinsero finalmente che la libertà non si mantiene giammai con mezzi dispotici, e che l'innalzare un potere al di sopra delle leggi, quand'anche fosse per la loro difesa, è lo stesso che preparare la loro ruina305.
      Nel susseguente anno 1337 la campagna s'aprì dai Fiorentini in Toscana con uno strepitoso avvenimento. Pietro Saccone, stretto dalle armate di Fiorenza e di Perugia, e non potendo tenere aperta comunicazione con Mastino che non gli mandava i promessi soccorsi, vedendo di avere già perduti molti castelli, prese finalmente il partito di negoziare vendendo ai Fiorentini la signoria d'Arezzo. La repubblica acquistò separatamente i diritti di Pietro Saccone e quelli del conte Guido; pagò il soldo delle truppe assediate e sborsò circa sessanta mila fiorini per ottenere il possesso della città, che le fu aperta il 10 di marzo.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo V
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1817 pagine 298

   





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