Cola da Rienzo, Petrarca e Boccaccio insegnarono il modo di cercare lo spirito dell'antichità ne' suoi monumenti e ne' suoi scrittori, di spiegar gli uni col soccorso degli altri, riunendo in un solo corpo le parti staccate dell'erudizione classica. Giovanni Calderino e Giovanni Andrea consacrarono un'erudizione dello stesso genere nell'interpretazione delle leggi civili e canoniche; Giovanni Gianduno e Marsiglio di Padova rischiararono coi lumi della filosofia i rapporti che esistono tra l'autorità civile e l'autorità religiosa; la medicina, la fisica, le scienze naturali cominciarono in pari tempo ad uscire dalle tenebre che le avevano affatto ricoperte. Lo zelo dei discepoli era più caldo di quello de' maestri: ogni città voleva avere un'università, per leggere nella quale chiamava gli uomini più famosi per dottrina, cercando colle ricompense e cogli onori, che loro accordava, di soverchiare le città vicine. A fronte di tanti studi pubblici, nella sola Bologna contavansi dieci mila scolari che udivano le lezioni de' più illustri professori. In altro tempo non eransi giammai con tanta passione coltivate le scienze e le lettere; al merito letterario non era mai stata accordata così larga ricompensa di gloria, nè così magnifici trionfi ai poeti ed ai filosofi.
Tra i sommi ingegni, che illustrarono il quattordicesimo secolo, parve che il Petrarca fosse scelto dai suoi contemporanei per ricevere in nome di tutti i poeti e di tutti i dotti la più luminosa ricompensa che sia mai stata accordata al merito letterario.
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