Il Petrarca che aspirava ad averli tutti, e che apprezzava più d'ogni altro questo autore, possedeva il trattato de Gloria di Cicerone, che prestò al suo maestro Convennole, che lo smarrì, senza che fino a' nostri giorni siasi potuto più rinvenire.
Il Petrarca, pieno la mente ed il cuore delle opere de' Romani scrittori, non credeva esservi altre scienze oltre quelle da loro coltivate, nè maggiore grandezza di quella della loro patria. Egli aveva adottati perfino i pregiudizj dell'antica Roma, che per lui continuava ad essere la capitale del mondo, risguardando come barbaro tutto quanto non era romano. Perciò non poteva tenere segreto il suo sdegno contro i papi per avere trasportata la loro sede in un'oscura e schifosa città delle Gallie, preferendola alla capitale dell'universo ricca di magnifici palazzi. I Barbari francesi ed allemanni che osavano scendere armati in Italia, eccitavano egualmente la sua collera, non vedendo in costoro che schiavi ribelli, cui di continuo rimproverava i ferri che avevano infranti375.
Non pertanto il Petrarca credette ben fatto di raccogliere da que' popoli, che tanto spesso chiamava barbari, tutto quanto conservavano di scienza. Visitò Parigi nel 1333, poi le città delle Fiandre, Aquisgrana e Colonia, di dove, passando per Lione, tornò ad Avignone376. Stefano Colonna, suo protettore, andava intanto a Roma, di modo che la fama del Petrarca dilatavasi in tutta l'Europa per mezzo suo e de' suoi amici. L'anno 1336 venne per mare in Italia, ove visse alcuni mesi in casa dei Colonna, allora in aperta guerra cogli Orsini; ed avanti di tornare in Provenza, visitò pure le coste della Spagna377; dopo i quali viaggi comperò in Valchiusa una piccola casa per istabilirsi in quel solitario paese.
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