Cola si mostrò per la prima volta rivestito di un pubblico carattere poco dopo l'elezione di Clemente VI. Egli fu spedito ad Avignone nel 1342 per supplicare il nuovo papa di ritornare la santa sede nella sua naturale residenza489. In tale deputazione sebbene gli fosse associato il Petrarca, parlò Cola; la sua eloquenza ed il suo entusiasmo per Roma gli avevano già guadagnata l'amicizia del poeta. Clemente VI non si lasciava dirigere nelle sue decisioni politiche dagli oratori popolari; ma notò lo straordinario talento del deputato romano; lo nominò notajo apostolico con ragguardevole assegno490, e lo incaricò di annunciare ai suoi compatriotti che pel loro vantaggio e di tutta la cristianità pubblicherebbe un secondo giubbileo l'anno 1350 colle indulgenze che Bonifacio aveva accordate alla festa secolare, e che dovevano rendersi comuni a tutte le generazioni.
Cola, di ritorno a Roma, si acquistò il rispetto de' suoi concittadini esercitando con integrità la sua nuova carica. Cercò di ricondurre i suoi colleghi alla stessa purità di condotta; ma dovette ben tosto avvedersi che nulla poteva da loro sperare, e che doveva rivolgersi allo stesso popolo se voleva far cessare l'anarchia, e rendere a Roma quella gloria e quella grandezza, quella giustizia e quella potenza, ch'egli enfaticamente chiamava il buono stato.
Per fare impressione sopra la moltitudine, parlò da principio ai suoi occhi. L'impiego lo chiamava in Campidoglio; ed egli vi fece esporre un quadro dalla banda della piazza in cui tenevasi il mercato.
| |
Clemente VI Avignone Petrarca Cola Roma Bonifacio Roma Roma Campidoglio
|