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      Tale non pertanto fu la generosità e la carità cristiana de' Fiorentini, che, durante questa carestia, verun povero, verun forastiere, verun contadino, fa escluso dalla città, e tutti furono soccorsi ed alimentati colle pubbliche o private elemosine. «Quindi, soggiugne il Villani, dobbiamo sperare in Dio, che non vorrà castigare gli enormi peccati de' nostri concittadini; oimè, noi l'abbiamo pur detto, la città nostra n'è pur troppo macchiata; ma secondo il suo beneplacito e la sua misericordia, compenserà i nostri errori colle elemosine dei nostri buoni e virtuosi cittadini, come ha fatto con Ninive: imperciocchè lo disse egli medesimo, che l'elemosina cancella il peccato7.»
      Questa carestia era stata in Italia generale, nè tutte le città avevano con sì saggi regolamenti o così generosi, provveduto ai bisogni del popolo; quindi lasciò una tale debolezza nel temperamento della massa del popolo, ed una disposizione alle malattie epidemiche, che non tardarono a manifestarsi. Frattanto, affinchè il povero non fosse ad un tempo tormentato dalla carestia, dalla malattia e dai creditori, la signoria di Firenze sospese le procedure forensi per i minuti debiti, e nel giorno di Pasqua, facendone come un'offerta a Dio, liberò tutti i carcerati per debiti verso il comune, e tutti coloro che trovavansi nelle prigioni per leggieri delitti. Nello stesso tempo diede a tutti quelli ch'erano tediati per multe, la facoltà di redimersi pagando il quindici per cento della somma portata dalla sentenza; ma la miseria era tanto grande che pochissimi hanno potuto approfittare di questo favore8.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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