Essi chiedevano che questa città tornasse sotto la protezione della Chiesa; che fosse rimessa in libertà e governata dal popolo come lo era anticamente; che pagasse a san Pietro il consueto tributo, e che in segno di sommissione ricevesse entro le sue mura il conte di Romagna con un ristretto seguito, che i tiranni rinunciassero ad ogni governativa incumbenza, e che la riforma dell'amministrazione si eseguisse sotto la direzione de' commissarj fiorentini. Il conte ed i Pepoli, egualmente smontati dalle loro pretese, mostravano di aderire a tale accomodamento; ma quando si consigliarono coi signori di Lombardia loro alleati, Mastino della Scala, che sperava di occupare egli stesso Bologna, sconfortò il conte da questo trattato; ed il Visconti anch'esso, per motivi personali, vi fece rinunciare i Pepoli57.
I signori di Bologna avevano fatta scelta de' cittadini più distinti pel loro patriottismo, di coloro che per talenti, per ricchezze e nascita erano quasi capi naturali del popolo; e gli avevano spediti a Firenze per trattare di concerto con questa repubblica intorno al modo di ristabilire la libertà bolognese. Riccardo Salicetti, capo di quest'illustre deputazione, diresse alla signoria fiorentina in presenza del popolo adunato le più vive espressioni di gratitudine, per la liberazione della sua patria; le applicò queste parole del suo testo: Ad Dominum cum tribularer clamavi, e promise a nome dei Bolognesi un'eterna riconoscenza per il maggiore de' beneficj. Ma all'indomani di quest'udienza, seppesi a Firenze che la deputazione bolognese altro non era che uno stratagemma dei Pepoli per allontanare dalla loro città i più temuti cittadini; e che, durante l'assenza loro, Bologna era stata venduta al Visconti, e di già venuta in suo potere58.
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