Prato e Pistoja, città situate nel piano medesimo di Firenze, stendevano la loro giurisdizione alle montagne che dividono la Toscana dal Bolognese, ed il governo di queste due città, che potevano diventare pericolose piazze d'armi in potere dei nemici, non ispiravano troppa sicurezza al partito guelfo. A Prato la famiglia de' Guazzalotti, resa potente dal favore dei Fiorentini, godeva di un quasi tirannico potere. Gli antichi capi di questa famiglia erano stati rimpiazzati, quando morirono, da gioventù invanita della propria importanza in quella piccola città; affettava modi principeschi, e disprezzo pei Fiorentini suoi antichi protettori. L'audacia sua giunse tant'oltre di condannare a morte due innocenti cittadini, sospetti di congiura, e di farne eseguire la sentenza malgrado le calde preghiere della signoria fiorentina. Questa fece allora avanzare le sue milizie fino alle porte di Prato, e prese in sua custodia la città; trattando in pari tempo colla regina Giovanna, la quale aveva ereditato dal duca di Calabria dei diritti sulla città di Prato, e facendo l'acquisto di tali diritti alla sovranità di Prato per 17,500 fiorini, unì difinitivamente quel piccolo stato al territorio fiorentino74.
I priori di Firenze avevano pure pensato di sorprendere Pistoja, e senza averne ricevuta l'autorità dal popolo o dai consigli della repubblica, avevano fatta tentare la scalata la notte del 26 marzo 1351. Ma i Pistojesi, sdegnati per questo tradimento, avevano vigorosamente rispinti gli assalitori; e mostravansi disposti di abbandonare il partito guelfo e le antiche loro alleanze per vendicarsi di una ingiusta aggressione.
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