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      Così passò la notte del 13 al 14 febbrajo del 1352. Prima che facesse giorno Nicolò Pisani, che conoscevasi più debole, lasciò la baja di santa Foca per rifugiarsi nel porto di Terapea o Trapenon, difeso dai Greci. Quando spuntò il sole, il mare, che cominciava a calmarsi, era coperto di cadaveri, e di rottami di navi. I Genovesi s'avvidero allora d'avere perdute tredici galere, oltre le sei che si erano salvate nel mar Nero. Altronde ne avevano predate quattordici ai Veneziani, dieci ai Catalani e due ai Greci, avevano fatti mille ottocento prigionieri, ed uccisi due mila nemici. Ma la perdita loro era troppo grande perchè potessero rallegrarsi della vittoria. Rimandarono a Costantinopoli quattrocento prigionieri feriti, ch'essi non potevano curare160.
      Mentre le due flotte, ritirate l'una a Pera, l'altra a Terapea, riparavano i sofferti danni, Cantacuzèno faceva istanza al Pisani perchè attaccasse i Genovesi approfittando della presente loro debolezza, e Ponzio di santa Paz appoggiava caldamente l'inchiesta dell'imperatore. L'ammiraglio arragonese trovavasi allora infermo per dispetto della sofferta rotta, e quando seppe che il Pisani non voleva rinnovare la battaglia, se n'afflisse in modo che morì di crepacuore161. Stefano Contarini e Pancrazio Giustiniani, procuratori di san Marco, Giovanni Steno e Benatino Bembo, viceammiraglio de' Veneziani, erano morti in battaglia o dopo la battaglia, in conseguenza delle ricevute ferite162.
      I Genovesi furono i primi a rimettersi in mare per bloccare il porto di Terapea; ma il Pisani approfittando d'un vento fresco passò a traverso i loro vascelli, ed uscì dal mare di Romania con sole trentotto galere.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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