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      Onde la stessa sera si portò a casa di Niccolò Lioni, uno de' membri del consiglio de' dieci, e gli palesò la trama nella quale egli trovavasi innocentemente compreso. Siccome nè l'uno nè l'altro supponeva che ne fosse capo il doge, si recarono unitamente da lui per manifestargliela. Il Falieri non ebbe la prontezza o l'accorgimento di sopprimere tale scoperta; egli a vicenda ora non voleva ammettere come possibili le circostanze che gli venivano indicate, ora dichiaravasene preventivamente informato, soggiugnendo d'avere a tutto di già provveduto201. Tale inconseguenza eccitò i sospetti di Niccolò Lioni, il quale lasciò il doge per recarsi al consiglio dei dieci, portandogli la nota de' congiurati datagli da Bertrando, i quali furono tutti arrestati nelle proprie case per ordine del consiglio. Furono poste guardie in ogni angolo della202 città, ai campanili ed alla torre di san Marco per impedire che si suonasse a stormo; molti congiurati, posti alla tortura, rivelarono che lo stesso doge era capo della cospirazione.
      Erasi provveduto alla tranquillità della città; i colpevoli trovavansi in carcere, ed il doge tenuto di vista nel suo palazzo; ma il consiglio dei dieci non era sicuro di essere dalla costituzione autorizzato a giudicare il capo dello stato. Chiamò venti de' primi gentiluomini a risolvere insieme in quest'importante occasione, ed ebbe allora origine un corpo potente e permanente, che fu chiamato la Zunta o Giunta203. Il doge fu tradotto innanzi al consiglio dei dieci unito alla Giunta, fu posto in confronto de' principali congiurati, che vennero un dopo l'altro mandati al supplicio; egli confessò la parte avuta nella congiura, ed il secondo giorno della procedura fu condannato a morte.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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