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      In tal maniera le due nazioni salvarono di comune accordo i preziosi monumenti dell'antica letteratura, quando appunto correvano pericolo di essere distrutti.
      Il monaco Barlaamo ebbe facilmente la parte principale nella ristaurazione delle greche lettere in Italia. Barlaamo era oriundo di Seminara, in Calabria, paese a tale epoca ancora popolato da molti Greci. Avendo vestito l'abito di monaco di san Basilio, passò nell'Etolia, di là in Tessalonica, e per ultimo a Costantinopoli, ove giunse nel 1327. Si fece colà conoscere per le sue cognizioni astronomiche, filosofiche, matematiche e letterarie. Ottenne la protezione del giovane Andronico, e di Cantacuzèno in allora il favorito di quest'imperatore. Barlaamo venne accolto in casa di Cantacuzèno, ove diede lezioni di filosofia e di belle lettere, fu creato abate d'un monastero, ed interessò la chiesa greca nelle sue dispute con Niceforo Gregora, lo scrittore di cui abbiamo fatto frequente uso nel precedente capitolo, poi con Palama ed i monaci del monte Athos intorno alla luce del Tabor, ed in ultimo coi deputati di Giovanni XXII intorno alle diverse opinioni delle chiese greca e latina209.
      Queste ultime controversie non ritrassero il giovane Andronico dal mandare Barlaamo in Avignone presso Benedetto XII, sotto pretesto di procurare la riunione delle due chiese, ma in sostanza per ottenere soccorsi contro i Turchi. Barlaamo tornò d'Occidente senza aver nulla ottenuto; si rinnovarono le sue dispute coi monaci del monte Athos, che lo disgustarono talmente, che nel 1341, abbandonata la Grecia, venne a cercare asilo in Napoli, ove fu ben accolto dal re Roberto.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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