Nel susseguente anno recossi in Avignone; e colà conobbe il Petrarca, e gli diede lezioni di lingua greca. Con Petrarca lesse le opere di Platone210; ma non potè tanto continuare le sue lezioni da istruire perfettamente il poeta italiano nell'idioma greco. Alcuni anni dopo un distinto personaggio bizantino, Niccola Sigeros, avendo regalato un esemplare d'Omero al Petrarca, questi gli rispose che senza interprete non poteva intendere il principe de' poeti. «La morte mi privò, gli diceva, del nostro Barlaamo, o piuttosto io me lo tolsi a me medesimo, quand'io gli procurai la dignità vescovile, senza riflettere alla perdita che me ne verrebbe.» Effettivamente Barlaamo, dopo aver rinunciato alle opinioni della chiesa greca, fu da papa Clemente VI innalzato alla sede di Girace unita a quella di Locri. «In queste giornaliere lezioni, prosegue il Petrarca, mi aveva insegnate più cose; ma egli ingenuamente confessava che ne imparava assai più da me. Ed invero quant'egli era eloquente nella lingua greca, altrettanto ignorava la latina, ed essendo di vivacissimo spirito, vedevasi quanta difficoltà incontrava nell'esprimere i suoi sentimenti211.»
Un amico del Petrarca più giovane di lui, ed a ragione non meno celebre, Giovanni Boccaccio, si avanzò assai più nell'intelligenza della lingua greca, ed influì più direttamente all'introduzione delle lettere greche in Italia. Giovanni Boccaccio nato nel 1313, era cittadino fiorentino, ma originario di Certaldo, castello di val d'Elsa, lontano venti miglia da Firenze.
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