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      Il genio nulla perde del suo nobile entusiasmo quando non si assoggetta alle leggi che dopo averle egli stesso dettate; così il primitivo fuoco della creazione risplende sempre nelle più castigate opere della scuola italiana. Vero è che la scultura va molto più debitrice all'antico, sia che il genio abbia minor parte in quest'arte, o che questo genio mai non abbia animati i moderni. Le antiche statue sono per noi il tipo della perfezione, ed una perfetta copia sarebbe agli occhi nostri un grandissimo capo d'opera. Non pertanto ancora nella scultura gl'Italiani crearono prima di copiare, ed è appunto perchè inventarono essi medesimi l'arte che praticarono nel 13.° e 14.° secolo, che nel 15.° furono a portata d'imitare i più grandi modelli222.
      Ma se questo spirito d'imitazione, sconosciuto ai Greci, formava un'estrema differenza fra loro e gl'Italiani, che pretendevano imitarli, dall'altro canto la rassomiglianza era diventata più esatta che giammai in una cosa non suscettibile d'imitazione, nella politica situazione de' due paesi. L'Italia era per ogni rispetto ciò che fu la Grecia; Atene riviveva in Firenze, Sparta in Venezia, Lucca ed il suo Castruccio ricordavano, sebbene con minori virtù, Tebe ed il suo Epaminonda, Pisa e Siena potevano paragonarsi a Megara ed a Corinto, Genova a Siracusa, mentre la fertile Lombardia, come in altri tempi le doviziose colonie dell'Asia minore, non aveva saputo conservare la libertà. I tiranni italiani rassomigliavano pure ai tiranni de' Greci.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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