I Romani furono i primi a riconciliarsi colla chiesa per l'intromissione d'Albornoz; ma piuttosto fecero alleanza, con un atto di sommissione alla sua autorità267. Dopo la fuga di Cola da Rienzo avevano sofferte le più disastrose rivoluzioni; i nobili, tornati in Roma, avevano ricominciate le loro soverchierie, onde il popolo, sotto la condotta di Giovanni Ceroni, demagogo, che fu installato in Campidoglio col titolo di rettore, gli aveva di nuovo cacciati di città268; poi gli aveva richiamati per difendere Roma contro il prefetto di Vico. I nobili, che mai non sapevano approfittare delle lezioni dell'esperienza, avevano ravvivate le antiche loro contese; gli Orsini e i Savelli eransi azzuffatti nelle strade, ed il rettore Giovanni Ceroni, avendo invano chiamato il popolo a prendere le armi per mantenere l'ordine, abdicò la sua dignità, e si allontanò da una città intollerante d'ogni governo269.
Quando Innocenzo VI successe a Clemente, egli, di concerto col popolo, incaricò due senatori, Bertoldo Orsini e Stefano Colonna dell'amministrazione di Roma; ma poche settimane dopo la loro installazione, avendo la carenza270 delle vittovaglie eccitate le lagnanze del popolo, venne assediato il Campidoglio, lapidato l'Orsini, e il Colonna non si sottrasse alla morte che fuggendo travestito da una finestra271.
In seguito si riaccese una furiosa guerra tra i diversi partiti della nobiltà, che si protrasse fino all'agosto del 1353. A quest'epoca, stanchi i Romani di farsi la guerra pei loro signori, nominarono di nuovo un capo plebeo, Francesco Baroncelli, scrivano o notajo del senato.
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