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      Non solo Innocenzo VI l'aveva nominato senatore, ma riconosciuto inoltre nobile e cavaliere, e ratificata in tal modo la bizzarra cerimonia della conca di san Silvestro, in virtù della quale aveva Cola preso il titolo di cavaliere di santo Spirito281. Ma il senatore tribuno invece di correggersi de' suoi difetti aveva nell'esilio perduto quell'entusiasmo per le virtù e per la patria, che compensava i suoi difetti. Più difficile erasi fatta la sua situazione per dover conciliare la volontà del pontefice con quella del popolo. Il supplicio di Moriale, e quello di Pandolfo Pandolfucci, cittadino romano universalmente stimato, gli furono imputati quali atti d'iniquità; e la guerra che doveva sostenere contro i Colonna raddoppiava il suo imbarazzo. Stefano Colonna il giovane, rimasto capo di questa casa, erasi afforzato in Palestrina, e Cola, dopo averla in vano assediata, era stato obbligato a ricondurre i suoi soldati a Roma senza aver danaro per pagarli282. Cercò in tale penosa situazione di levare una nuova imposta, ma il popolo non la sostenne lungo tempo.
      L'otto ottobre scoppiò contemporaneamente una sedizione ne' due quartieri di Roma, a Rizza ed in piazza Colonna. Alcuni forsennati adunaronsi al grido di viva il popolo, muoja il traditore Cola da Rienzo! S'avvicinarono al Campidoglio, ed il tribuno si trovò abbandonato dalle sue guardie, da' suoi ministri e dai servitori, tranne tre sole persone. Non pertanto aveva fatte chiudere le porte del palazzo; il popolo v'appicò il fuoco, che, avendo investita la scala, chiuse il passaggio agli assalitori.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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