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      Sebbene l'imperatore fosse entrato in Toscana senza truppe, la sua presenza rese ben tosto assai difficile la situazione delle repubbliche italiane. Abbiamo osservato fino dai tempi della spedizione di Enrico VII quanto la pubblica opinione, e quella in particolare dei letterati favoreggiasse le pretensioni imperiali. Petrarca e Cola da Rienzo avevano sostenuto che la sovranità del mondo apparteneva sempre a Roma ed all'impero romano. Il primo colle sue lettere, l'altro co' suoi discorsi avevano frequentemente eccitato Carlo IV ad usare de' suoi diritti, come se fossero costantemente riconosciuti300 da tutti i popoli. Vero è che i più zelanti repubblicani di Firenze, e tra questi il nostro storico Matteo Villani, figuravansi di trovare nelle leggi e ne' monumenti dell'antichità una guarenzia della libertà di Roma e della Toscana. Credevano, appoggiandosi alle prime dichiarazioni di Augusto e di Tiberio, che gli antichi imperatori, padroni del mondo romano, si fossero sempre conservati subordinati al senato ed al popolo di Roma; pretendevano che i Cesari ubbidissero ai cittadini, in tempo che tutte le nazioni erano tributarie de' Cesari; e perchè le città toscane erano state ammesse di buon ora alla cittadinanza romana, credevano di essere tuttavia quello stesso popolo, cui gl'imperatori erano tenuti di ubbidire301. La costituzione di Roma, quale esisteva ai tempi di Augusto o di Trajano, loro sembrava la sola origine del diritto pubblico, e se l'avessero essi meglio conosciuta, avrebbero trovate illegittime tutte le loro pretese alla libertà.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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