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      In pari tempo tutti i capi delle famiglie ghibelline delle montagne, il vecchio Pietro Saccone dei Tarlati, Ubertini vescovo d'Arezzo, Neri della Faggiuola, figliuolo d'Uguccione, ed i Pazzi di Val d'Arno, si portarono a Pisa con armi e cavalli, ingrossando la corte dell'imperatore. Essi facevansi vanto presso di lui de' loro servigi e di quelli degli antenati loro costantemente addetti al partito ghibellino, ed eccitavano Carlo a vendicare le offese che suo padre e suo avo avevano ricevuto dai Fiorentini315.
      Ma se Carlo eccitava l'animosità de' Ghibellini, se approvava i loro progetti di vendetta, se dava pubblicità alle loro offerte, non aveva altra mira che di spaventare la repubblica, onde averne più danaro. Chiedeva ch'ella si riscuotesse dalle condanne contro di lei pronunciate da Enrico VII suo avo, ed a questo prezzo acconsentiva di confermare in parte la sua libertà ed i suoi privilegi. Per essere rimessi nella grazia imperiale i Fiorentini offrivano cinquanta mila fiorini; assai più ne chiedeva l'imperatore, e muoveva dubbj intorno ad alcuni articoli della convenzione; in ultimo le condizioni del trattato furono fissate nel seguente modo. L'imperatore annullò tutte le condanne pronunciate contro Firenze, contro i cittadini, e contro i conti di Battifolle, Doadola, Mangone e Vernia316; li ristabilì nel pieno godimento dei loro onori e diritti; autorizzò il popolo a governarsi cogli statuti e proprie leggi municipali, e ramificò colla sua imperiale autorità tutte le leggi, tanto le già esistenti, che quelle che si farebbero in avvenire dall'autorità legislativa della repubblica, purchè non fossero espressamente contrarie al diritto pubblico.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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