Diede irrevocabilmente il titolo di vicarj imperiali a tutti i confalonieri di giustizia e priori delle arti, cui il popolo affiderebbe il governo della repubblica. Finalmente per non turbare la tranquillità di Firenze promise di non entrare in città, nè in verun castello del suo territorio. In contraccambio di tali concessioni, ed a saldo di quanto poteva essere dai Fiorentini dovuto all'impero, accettò la somma di cento mila fiorini, pagabile in tre rate prima del seguente agosto317.
Questo trattato, che rimetteva Firenze nel rango delle città imperiali, le conservava tutti i diritti e privilegi della più libera repubblica. Questa città veniva di nuovo riconosciuta come membro dell'impero romano, e questo titolo, lungi dal toglierle veruna delle sue prerogative, le dava anzi diritto ad una potente protezione. Non pertanto fu meno difficile il far accettare queste condizioni al popolo, che il farle aggradire all'imperatore. Il consiglio del popolo venne adunato il 12 marzo per udirne la lettura; ma a Pietro di Grifo, notajo delle riformagioni, quando la cominciò, la voce rimase soffocata dai singhiozzi, ed il suo dolore si comunicò all'istante agli uditori, onde tutto il consiglio non risuonando che di pianti e di gemiti, si dovette protrarre la lettura all'indomani. In questo intervallo i capi delle magistrature sforzavansi di far sentire ai cittadini, che il trattato coll'imperatore, che si offriva alla loro approvazione, non derogava all'onore della repubblica, nè era contrario alla sua indipendenza.
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