Il 13 fu di nuovo adunato il consiglio, e, posta alle voci la proposizione d'approvare il trattato, fu sette volte rigettata con maggiorità di suffragi. Frattanto tutti i cittadini che avevano maggior credito od autorità, parlarono per richiamare il consiglio del popolo a più prudente condotta, e la proposizione della signoria venne finalmente sanzionata, ed all'indomani fu confermata dal consiglio comune con minore ripugnanza318. Il 21 marzo il trattato fu dall'imperatore pubblicato nel parlamento di Pisa, ed il 13 dalla signoria in quello di Firenze; ma pochi cittadini intervennero a quest'ultimo, e non si vedevano dare veruna dimostrazione di gioja, sebbene le campane della città suonassero in segno di allegrezza319.
Appena terminate le negoziazioni colla repubblica fiorentina, l'imperatore partì alla volta di Siena, ove fece il suo ingresso il 23 di marzo. Questa città, dopo il 1283, era governata da una fazione chiamata il monte dei nove. In origine questa fazione era formata dai capi del partito popolare, che per escludere la nobiltà dal governo e assicurare la superiorità ai Guelfi, avevano stabilita una signoria press'a poco simile a quella dei priori di Firenze. L'avevano composta di nove magistrati, tre per cadauno de' quartieri della città. I nove signori dovevano essere plebei, e scelti dal consiglio del popolo in una generale elezione. I loro nomi venivano poi distribuiti nelle borse come costumavasi a Firenze, ed estratti a sorte per avere due mesi il governo.
Ma non avendo le prime elezioni designato che un ristretto numero di cittadini, ebbero questi l'arte di mantenere ed ancora di ristringere la loro oligarchia in tutte le successive elezioni.
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