Vide alla testa de' malcontenti i capi della nobiltà, i Tolomei, i Malavolti, i Piccolomini, i Saricini e perfino parte dei Salimbeni, sebbene altri fossero addetti al governo. Vide inoltre nell'opposizione moltissimi ricchi borghesi e tutto il popolo; questo partito era patentemente il più forte; e fu perciò quello ch'egli trovò più prudente consiglio di abbracciare321.
L'imperatore adunque non cercò nè il primo giorno nè all'indomani di sedare i tumultuosi movimenti del popolo. Nel terzo giorno la sedizione vestì un carattere più serio; vennero barricate le strade, ed i nove, assediati nel palazzo della signoria, supplicarono essi medesimi Carlo di recarsi colà a liberarli. Infatti l'imperatore si presentò alle porte del palazzo, che gli furono aperte, e vi entrò a cavallo. Ordinò ai nove di deporre a' suoi piedi il bastone del comando; chiese loro di liberarlo dalla promessa che aveva fatta di conservare la loro autorità; e, fattesi rendere le carte loro rilasciate, le fece abbruciare sotto i suoi occhi. Intanto il popolo forzava le prigioni, l'archivio dei nove, e la chiesa ove si conservavano le borse della signoria. Queste borse, colle bandiere dell'ordine, furono strascinate nel fango in presenza dell'imperatore. Tutta la città risuonava di una sola voce, muojano i nove! le loro case erano attaccate, insultate le loro persone, e molti di loro, cui non riuscì di nascondersi o di fuggire, furono fatti in pezzi. Vero è che l'imperatore salvò la vita dei signori ch'erano con lui nel palazzo, e ricusò di abbandonarli al popolo irritato322. Non pertanto pareva partecipare egli medesimo del furore popolare, e lo sanzionava coi decreti che andava emanando contro tutto l'ordine dei nove: ma in pari tempo si affrettò di far confermare da tutte le classi della nazione l'autorità sulla repubblica che la distrutta signoria gli aveva conferita.
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