Nominò in appresso trenta commissarj, dodici nobili e diciotto plebei, per riformare il governo sotto la presidenza di suo fratello naturale, l'arcivescovo di Praga, patriarca d'Aquilea. Lasciò pure a Siena i Tarlati, il signore di Cortona ed i conti di Santafiora, per conservarvi la propria autorità, e tre giorni dopo, il 28 marzo, si rimise in viaggio alla volta di Roma323.
La coronazione dell'imperatore eletto era stata fissata per la domenica di Pasqua, 5 aprile; Carlo aveva promesso al papa di non trattenersi che un solo giorno in Roma, e di partire appena terminata la cerimonia. Giunse non pertanto il giovedì 2 aprile innanzi alle porte della città; ma per non mancare alle sue promesse, entrò in Roma soltanto in figura di pellegrino, confuso tra i baroni e senz'essere conosciuto dai Romani. Ne' primi due giorni visitò le chiese per farvi le sue divozioni; la domenica uscì di città avanti lo spuntare del sole con tutto il suo seguito, onde rientrarvi pomposamente alcune ore dopo324.
Carlo venne consacrato nella basilica del Vaticano dal cardinale vescovo d'Ostia. Giovanni di Vico, prefetto di Roma, e per lo innanzi signore di Viterbo e di Orvieto, gli pose in capo la corona d'oro, e Carlo colle proprie mani coronò l'imperatrice. In seguito partì con tutto il corteggio, e, coperto degli imperiali ornamenti, attraversò la città di Roma in quasi tutta la sua maggiore estensione per recarsi al palazzo di san Giovanni di Laterano, ove gli era preparato un banchetto. Per altro la sera medesima uscì di città ed andò a dormire a san Lorenzo delle Vigne.
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