Tutta l'autorità che Carlo aveva ricuperata sopra l'Italia sfumò all'istante che ne fu uscito. Durante la sua spedizione erasi mostrato estremamente avido di danaro, e ne aveva raccolto assai; ma si era mostrato indifferente sul conto della pubblica opinione, ed aveva svergognata quella dignità imperiale che gli Italiani erano ancora disposti a rispettare353.
Dopo la partenza dell'imperatore l'Italia rimase in preda a molte guerre, che contemporaneamente ruinavano i suoi diversi stati. La condizione del regno di Sicilia aveva sempre peggiorato dopo la morte di Federico d'Arragona, suo fondatore. Due fazioni vi si erano formate, una detta dei Catalani, l'altra degl'Italiani o Chiaramontesi; le quali furono sempre in guerra, mentre s'andarono succedendo l'uno all'altro diversi re quasi sempre minori. Lungi dal poter ridurre i loro baroni all'ubbidienza, trovavansi anzi i sovrani medesimi dipendenti dalle stesse fazioni e travolti spesso dall'una all'altra. La Sicilia, un tempo granajo dell'Italia, era ruinata dalle sue guerre civili, che, avendo levati gli abitanti all'agricoltura, erano state cagione di varie carestie. Il partito italiano, di questi tempi opposto alla corte, erasi alleato col re Luigi e la regina Giovanna di Napoli, ed aveva loro aperte le porte di Palermo, Trapani, Girgenti, Mazzara e di cento dodici città o terre murate, onde il re di Napoli, malgrado l'esaurimento del suo tesoro, la debolezza delle sue armate, l'anarchia de' suoi stati e la viltà del suo proprio carattere, si trovava più vicino a fare l'intero acquisto della Sicilia di quello che mai lo fossero stato i due Carli, o Roberto d'Angiò, in tempo della più alta loro potenza354. Il re di Sicilia, della casa d'Arragona, che ancor esso aveva nome Luigi, erasi rifugiato a Catania.
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