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      I Visconti dissimularono coi loro soldati, e non li congedarono, persuasi che sarebbero tutti all'istante passati nel campo nemico. Si accontentarono adunque di provvedere alla guardia della città, abbandonando al sacco le campagne430.
      Ma la grande compagnia non guerreggiava con migliore buona fede dei soldati de' Visconti. Invano il marchese di Monferrato, ch'erasi recato all'armata, affrettava il conte Lando a marciare sopra Milano e ad attaccare quella città, onde abbattere con un solo colpo tutta la potenza de' Visconti: la grande compagnia, acquartierata presso Maggenta, ruinava il paese, spogliava le campagne, disonorava le donne e le fanciulle, e rifiutava di marciare. Conobbe allora il marchese di Monferrato, che i soldati delle due armate erano fra loro d'accordo, e che, nella simulata loro guerra, non erano nemici che degli abitanti che ruinavano. Temette che questi mercenarj lo vendessero ai Visconti, che avevano posto una taglia sul di lui capo, ed abbandonò l'armata con cinquecento cavalieri, coi quali occupò Novara per sorpresa431. Azzo da Correggio, che militava sotto le medesime insegne s'allontanò pochi giorni dopo con settecento cavalli, per sorprendere Vercelli, ma la sua intrapresa andò a vuoto432.
      I signori di Milano avevano dato il comando delle loro truppe al vecchio Lodovico Visconti, loro parente; quel medesimo che nel 1322 aveva ristabilita la repubblica milanese, che nel 1327 aveva dato Galeazzo in mano a Luigi di Baviera, e che nel 1339 aveva condotta la terribile compagnia di san Giorgio a Parabiago contro il signore di Milano.


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Storia delle repubbliche Italiane dei secoli di mezzo
Tomo VI
di Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi
1818 pagine 301

   





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