In virtù di questo trattato il marchese di Monferrato doveva restituire Asti ai signori di Milano, e Pavia doveva continuare a governarsi popolarmente; ma la lega degli alleati lombardi essendosi sciolta, ognuno di loro prese pochissimo interesse alla sorte de' suoi antichi alleati, e trascurò di far eseguire le condizioni che non lo risguardavano. I Visconti non rinunciarono alle loro pretensioni sopra Pavia, il marchese di Monferrato non restituì Asti, e la guerra si continuò in Piemonte ed in Lombardia; e soltanto invece d'essere sostenuta in comune da tutta la lega, il marchese di Monferrato e la città di Pavia rimasero soli esposti alle vendette de' Visconti444.
In allora i signori di Milano mandarono una nuova armata per ricominciare l'assedio di Pavia; avvicinandosi la quale, temendo fra Bussolari che il palazzo dei Beccaria non servisse di fortezza ad alcuni loro partigiani, eccitò il popolo ad atterrarlo, ed a formare nel luogo, in cui altra volta abitavano i tiranni, una pubblica piazza. La folla, uscendo dalla predica, si precipitò verso questo palazzo, e lavorò con tanto ardore a demolirlo, che in poco tempo più non rimase pietra sopra pietra, ed ogni cittadino portò seco qualche parte de' materiali per conservarli quale monumento della caduta della tirannia445.
Per sostenere la guerra era necessario il danaro, ed era inoltre necessario per pagare i sussidj al marchese di Monferrato, che solo era in istato di far levare l'assedio di Pavia. Frate Bussolari esortò i cittadini a sagrificare tutte le loro ricchezze alla difesa della patria, gli esortò a rinunciare al lusso degli abiti e delle pietre preziose, raccomandando loro di accontentarsi d'un sajo grossolano di color nero.
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