Uno di loro consegnò al generale una lettera colla quale il capitano della compagnia invitava quello che avrebbe cuore di combattere a togliere dal ramo spinoso il guanto tinto di sangue, che i tedeschi mandavano al fiorentini. Pandolfo in presenza di tutta l'armata levò il guanto ridendo, e dichiarò di essere pronto a difendere sul campo di battaglia il nome, la giustizia e l'onore della repubblica fiorentina. Fece bevere i trombetti e loro diede del danaro, poi li fece accompagnare colle trombe fino ai confini. Mentre si stava in attenzione della battaglia, Biordo e Farinata degli Ubertini, ch'erano esiliati come ribelli, giunsero al campo fiorentino con trenta cavalieri e chiesero che si facesse loro l'onore di riceverli tra i difensori della repubblica. Furono accolti con riconoscenza, e Biordo essendo morto non molto dopo, fu pomposamente seppellito a Firenze a spese dello stato.
Il 16 luglio Corrado Lando si mosse alla fine mostrando di volere attaccare l'armata fiorentina; e Pandolfo, avutone avviso, si avanzò dal canto suo per iscontrarlo. Ma quando Lando giunse ad un rialto circondato da torrenti e da rive scoscese, in allora chiamato campo alle mosche, fece alto, ed invece d'attaccare coloro che aveva sfidati, vi si fortificò con fosse e palafitte.
Allora i Fiorentini s'avvicinarono fino a minore distanza d'un miglio dai nemici; ma essi volevano tirarli nel piano non assalirli ne' loro trincieramenti; onde fecero avanzar alcune truppe leggiere per scaramucciare fino ai piedi delle palafitte.
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