Il legato affidò il governo di Bologna a suo nipote Velasco Fernandez527 ed a Niccola Farnese, capitano delle truppe della chiesa. Nello stesso tempo minorò le contribuzioni poste dall'Oleggio528, e ristabilì in Bologna un governo municipale simile a quello che aveva avuto quand'era repubblica. Furono richiamati i fuorusciti, fra i quali i Pepoli, Bentivoglio e Vizzani, che abbandonarono il campo di Barnabò Visconti per ripatriare. Intanto il legato fece avvisare il signore di Milano, che Bologna era tornata in potere della chiesa, sua legittima sovrana, e gl'intimava perciò di richiamare la sua armata da uno stato con cui era in pace. Ma Barnabò, invece di richiamare il suo generale, gli mandò nuovi rinforzi; e le truppe del Visconti guastarono tutto il territorio bolognese529, portarono la ruina fin presso alle mura di Faenza, tentarono di sorprendere Forlì, occuparono Budrio ed assediarono Cento, mentre una guerra in mezzo agli Appennini tra due rami della famiglia degli Ubaldini chiudeva la strada di Toscana ai Bolognesi ed al legato, ed impediva loro di comunicare col solo paese da cui potessero sperare soccorsi e vittovaglie530.
Mentre Barnabò Visconti spingeva caldamente la guerra sul territorio di Bologna, agitava co' suoi maneggi la corte d'Avignone, e faceva valere le sue pretese innanzi ad un tribunale ecclesiastico. Il papa aveva, per dodici anni, infeudato Bologna all'arcivescovo Visconti. Su questo fondamento Barnabò domandava il possesso d'un feudo accordato alla sua famiglia.
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