I Visconti, senza volere apertamente dichiararsi contro i Fiorentini, avevano per altro cercato di formarsi coi loro intrighi, o di mantenersi in Toscana un partito, coll'ajuto del quale potessero un giorno stendere il loro dominio su tutta questa provincia. Avevano sovvenuto danaro ai Pisani, accordate e fatte passare al loro servigio due compagnie d'avventurieri, fermata quella che i Fiorentini avevano presa al loro soldo, e lusingavansi che la continuazione della guerra determinerebbe all'ultimo i Pisani a porsi volontariamente sotto la loro dipendenza. Soltanto sembrava loro necessario di piegare una prima volta lo spirito ed il carattere altero de' cittadini, e di avvezzarli a riconoscere un padrone. L'ambasciatore che i Pisani avevano mandato ai signori di Milano parve a questi proprio alle loro viste. Costui, detto Giovanni dell'Agnello, era un mercante d'una famiglia borghese, attaccato al dominante partito dei Raspanti, e che fin allora non aveva avuta veruna onorificenza627. Barnabò Visconti, dopo avere scoperta in Agnello ambizione, spirito d'intrigo e falsità propria a formare un tiranno, si offrì d'ajutarlo con tutte le sue forze e con tutte le sue ricchezze, per farlo signore di Pisa; ed Agnello in contraccambio promise al Milanese, che s'egli comandava una volta in Pisa, terrebbe questa città dipendente dalla casa Visconti, come se fosse suo luogotenente e non suo alleato.
Agnello, di ritorno a Pisa, osò di proporre in uno de' consiglj, che precedettero il trattato di pace, di nominare un signore annuale, onde ispirare più di confidenza a Barnabò, loro fedele alleato, come pure alle genti d'armi, ed a fine di tenere più segrete le deliberazioni dello stato.
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