È una storia che continua ogni giorno e non finisce piú. Nella piccola capanna del bosco è nato un eroe, forte come cento leoni e furbo come cento volpi. Le sue avventure fanno sgranare gli occhi di stupore, ridere di allegria chi ascolta. È un ragazzo bello, sereno, buono. È quello che tutti desiderano d'essere.
E dopo due, tre ore zia Ciuta chiamava ch'era lettera per me, e mi portava contenta la lettera di mamma. Cara mamma mia. Tu allora preparavi, nel grande caldo d'agosto, le casse per il trasloco. Bisognava andar via dalla casa dov'erano nati i tuoi figli. Sí, mi ricordo che prima di partire avevo visto che rompevano i muri e i viali del giardino per i tubi dell'acqua, del gas; e lavoravano muratori, meccanici, falegnami, vetrai, tappezzieri, terrazzieri. Mi divertivo vederli lavorare. Ma noi s'andava via perché il nonno era morto e venivano a stare altri parenti, più ricchi.
E io, tornato da Strugnano, fui molto contento di trovarmi in una campagna cento volte piú grande, con infiniti frutti e viti, e molti compagni di gioco. Il giorno che arrivai arrivò pure, vestita d'una camicia rossa e tocco da fantino, la nipote del padron di casa. Ucio la guardava, un po' commosso, fra i viticci del capannuccio.
Bella è la vendemmia. Oltre i vignali vanno grida e risate; i cani sbalzano, accucciandosi sulle zampe davanti, da questo a quel gruppo di vendemmiatori, e i passeri frullano sbandati. Il padrone eccita: "Dai, dai, dàghe, dàghe, forza, prr, prr, prr, dai, dai!".
Le labbra e il mento sono appiccicose di miele stillato, e le mani, la maglia, il manico della roncola, i pampani, le brente, i carri.
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Ciuta Strugnano
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