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      Rividi la brunastra tenda nel primo lume dell'alba, sgocciante di rugiada, e mi curvai a uscirne dallo stretto pertugio, guardandomi intorno cauto, spiando gli scricchiolii dell'erba che si rialzava.
      Uno scalone tirato da due cavalloni, carico di stanghe di ferro, correva a precipizio insordando la città. Il cocchiere, piantato con le gambe aperte sui due lunghi tronchi scorzati del margine, frustava e incitava i cavalli. Davanti a quel carro d'inferno tutti i sogni sparvero. Ero in Corso, fra gente impellicciata e automobili.
      Me n'andai a casa stranito.
      Pensavo: picchiar porta per porta. Otterrò d'esser mandato in una grande casa di commercio dell'Indie, a Rangoon, come Ucio. Un cinese schiavo moverà nella mia stanza un'enorme ventola rossastra, perché le zanzare malariche non si fermino sulla mia pelle. Non scriverò altro che, in inglese: "In possesso vostra stimata del". Imbroglierò astutamente, come i commercianti non sanno fare ancora. In tasca la rivoltella.
      Risi: perché in India? perché la rivoltella, lucida come le carabine degli avventurieri? Bimbo, sei letterato. E rimarrai letterato per quanto mare frammetta tra la tua ultima e la nuova pedata. Anche se a Rangoon, anche se nell'isola di Robinson, la ventola ti sembrerà, che so io: l'azione contro le idee: insomma una di quelle tue immagini strampalate che mettono in sussulto e in compassione la gente. E scriverai nella tua lettera d'affari cosa che il copialettere non potrà copiare senza che la sezione controllo ti dia del matto.


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Il mio Carso
di Scipio Slataper
pagine 103

   





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