Lo sviluppo d'un'anima a Trieste. Comincio a scrivere; lacero; di nuovo, e altro strappo. Sigarette. La stanza s'empie di fumo, e i pensieri si serrano come corolle al vespro. Inutile illudersi: non ho da dire niente. Sono vuoto come una canna.
Cosa fai qui, davanti a questo tavolino, in questa sporca camera d'affitto? Anche se tuffi il muso nella frasca verde della boccia con cui i tuoi occhi, stanchi del grigiume stampato sulle pareti, cercano di sognare, tu, qui, non respiri. Ora, qui anche Shakespeare è una pila di libri che ti ruba un brano d'orizzonte. Dirimpetto, l'Incontro s'inrossa per l'aurora, e se t'affacci alla finestra e guardi a sinistra, Fiesole è chiara come un cristallo ambrato. Sul Secchieta c'è la neve. Andiamo sul Secchieta.
Fasce ai piedi; doppia maglia al petto, un boccone di cioccolata in tasca: e mentre pesto forte il lastricato della città perché dai piedi il sangue mi scorra piú caldo alla testa, penso: "Che ha da fare con la vita dello spirito cotesta improvvisa scampagnata? C'era un ostacolo in te, un poco piú alto del Secchieta: e tu invece di pigliarlo di petto e darci dentro col cranio, gli giri attorno credendo di andare cosí verso il sole che illuminerà a tuo uso e consumo tutte le cose. Sei già stanco? e ieri ancora sbalzavi oltre i vigneti e giú dai muriccioli scontorti e assodati dall'edera che t'intralciava i piedi, e pumpf! col muso per terra, cervo vinto che i tuoi coetanei cacciatori sbraitando l'alalà di vittoria legavan con venchi per le zampe e trascinavano a casa - il viso rosso dalla scalmana e dal trionfo.
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